mercoledì 3 marzo 2010

Google: vediamo di guardarci un po' dentro ...

Il silenzio degli atti processuali è destinato a durare ancora un po'.

A fronte di un un processo singolarmente privo di fughe di notizie (e celebrato a porte chiuse su precisa richiesta di google stessa) e di una campagna mediatica invece ormai del tutto abituale per gli scenali italiani, i magistrati cominciano a 'sbottonarsi'.

E così ieri su l'Espresso, i Sostituti Procuratori milanesi che hanno sostenuto l'accusa replicano a Google.

Il punto è semplice, quanto - in certo modo - sorprendente: la legge (il D.lgs.70/93) espressamente esclude dall'applicazione della disciplina di esenzione dei provider le materie regolate dalla disciplina della privacy.

Già: l'art.1 comma 2, ripreso pari pari dalla direttiva 2000/31/CE , che dichiara che:
"La protezione dei singoli relativamente al trattamento dei dati personali è disciplinata unicamente dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, e dalla direttiva 97/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni, che sono integralmente applicabili ai servizi della società dell'informazione. ...L'applicazione della presente direttiva deve essere pienamente conforme ai principi relativi alla protezione dei dati personali, in particolare per quanto riguarda le comunicazioni commerciali non richieste e il regime di responsabilità per gli intermediari. ....."

In sostanza la norma stessa che introduce le esenzioni per i provider, fa integralmente salva la normativa in materia di trattamento di dati personali.

Il risultato? La disciplina speciale prevista per i provider non è applicabile ai servizi oggetto della normativa sui dati personali. Sotto questo profilo la normativa è persino più chiara e tranchant dell'art.1 del D.Lgs.70/2003 ...

Ma ciò vuol dire che il provider potrà applicare la disciplina esentativa degli art.14, 15 e 16 (oltre a poter invocare l'assenza dell'obbligo generale di sorveglianza ai sensi dell'art.17) solo per violazioni di copyright, concorrenza o pornografia (non pedo, perchè avremmo il problema del consenso del 'modello') e non per violazioni della disciplina dei dati personali (foto o altre informazioni pubblicate senza consenso o - nel caso di 'sensibili' - al di fuori delle autorizzazioni del Garante?

Out-law (che non è un sito di pirati o di smanettoni, ma una rispettabile law firm inglese specializzata in outsourcing e ICT in genere) sta dicendo di si, con un pezzo dal titolo significativo (e significativamente dissonante nel panorma di pubblica lapidazione dell'Italia e dei suoi giudici): "Google convictions reveal two flaws in EU law, not just Italian law" (ossia "le condanne nel caso google rivelano due falle nella normativa italiana ed europea". L'articolo è basato sulle osservazioni di un esperto italiano, l'avv.Elvira Berlingieri.

Follie?

Non so, certo è che la lettera delle legge suggerisce (e forse impone) certe conclusioni.

I precedenti casi giurisprudenziali italiani (The Pirate Bay e Mediaset-YouTube) vertevano in materia di copyright, questo è il primo che affronta il conflitto tra privacy e disciplina dei provider.

Quello che sapevo era che la norma era nata proprio a seguito di casi come Compuserve e Altern.org che vertevano proprio sull'abuso di dati personali (pubblicazione senza consenso di foto) e ora scopro (sicuramente per ignoranza mia) che l'applicazione della normativa suo dati personali andrebbe fatta comunque e sempre salva ...

Comunque sia ci voglio riflettere.

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