giovedì 16 giugno 2011

Empire strikes back?

Dopo i non brillanti risultati ottenuti in Spagna, continua la battaglia del gruppo Mediaset contro gli ISP sui cui siti sono pubblicati i suoi video.

Tornando in Italia i risultati sono decisamente migliori, visto che il Tribunale di Milano ingiunge ad Italia On Line (Libero.it) di rimuovere i video della casa del biscione sotto pena di una sanzione di 250 euro al giorno per filmato
 
La soddisfazione di Mediaset è affidata ad un comunicato nella quale quest'ultima accoglie "con soddisfazione questa ulteriore affermazione di principio che consolida la giurisprudenza inaugurata dal tribunale di Roma con la causa affrontata e vinta nei confronti di Google/YouTube. Ancora una volta è stata infatti stabilita la diretta responsabilità dei provider – prosegue il gruppo – in caso di diffusione non autorizzata di contenuti protetti da copyright".

La causa prosegue per la determinazione del danno (le richieste di Mediaset sono di un risarcimento di 100 milioni di euro).

La sentenza è consultabile qui.

Anche in questo caso (come pure in altri precedenti italiani) la difesa dell'ISP era affidata al fatto che la diffida del titolare dei diritti era assolutamente generica e non individuava gli specifici filmati contestati.

Il Tribunale non ha dato peso alla difesa in quanto ha osservato che sarebbe bastato al provider utilizzare il motore di ricerca del sito stesso per rendersi conto che erano stati effettivamente  caricati video nella titolarità dell'attore.

In ogni caso il Tribunale non ha riconosciuto ad Italia On Line lo status (e le esenzioni di responsabilità) di un hosting provider, osservando che Italia On Line  non sarebbe passivo rispetto ai filmati che ospita, sia in forza dell'attività di indicizzazione, organizzazione e promozione (effettuata attraverso meccanismi quali la proposta di 'video correlati'), che dell'aggiunta di alcuni filmati al database che sarebbe stata fatta direttamente dalla redazione e non dagli utenti.

Anche al di là delle particolarità del caso concreto (aggiunta diretta di filmati ...), molti sono i punti da sviluppare (basta la denuncia generica a creare l'"effettiva conoscenza" richiesta dalla legge? quando un hosting diventa "attivo''? ...).

Lascio le risposte agli esperti .....
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propri

4 commenti:

Anonimo ha detto...

bunga bunga
non vi stancate di scrivere su blog che nessuno considera?

bruno saetta ha detto...

A mio modesto parere la notification deve individuare precisamente il contenuto presunto illecito, altrimenti finiremmo per dare rilievo alle semplici illazioni.

Una normativa simile negli Usa prevede che il notificante assume una posizione di garanzia, nel senso che diventa responsabile direttamente della rimozione del contenuto da parte del provider, nei confronti del titolare del contenuto. Quindi ci pensa bene prima di avviare la procedura di notification.
Da noi non esiste nulla di ciò, per cui al massimo il titolare del contenuto potrebbe rifarsi per violazione contrattuale verso il provider. Considerato che la maggior parte dei contenuti sono non commerciali, ma solo per mera condivisione, difficilmente un giudice ci troverebbe un danno effettivo da risarcire. Ecco quindi che da noi si apre la strada alle notification "tanto per provare", senza alcun rischio per il notificante. Per me occorre un bilanciamento di tipo americano in quasta procedura, altrimenti il vantaggio è tutto per i produttori, o presunti tali.

A differenza degli Usa, in Europa non ci si è posti il problema di dare un contenuto minimo alla notification, lasciando così i singoli Stati a decidere caso per caso. Credo solo in Finlandia e in Francia ci sia una regolamentazione sul punto. In Italia la norma non prevede alcunchè.

Interessante la norma francese che, a seguito di intervento abrogativo da parte del Conseil constitutionnel, richiede l’emanazione di un provvedimento dell’autorità giudiziaria per determinare in capo al provider un obbligo giuridico di attivarsi. Il Conseil ha dichiarato la contrarietà alla Costituzione di una disposizione della legge nella parte in cui affermava che l’intermediario sarebbe incorso in responsabilità (anche penale) nel caso di omessa rimozione del contenuto immesso sui suoi server da un terzo, a seguito di semplici esortazioni alla rimozione pervenutegli dai presunti offesi.

herr doktor ha detto...

@Anonimo:
no: è più facile che ti stanchi prima tu di leggere :-p
P.S.: grazie del plurale majestatis ;-)

herr doktor ha detto...

@Brunosaetta:
in effetti, quando la legge chiede la conoscenza "effettiva", secondo me intende escludere la rilevanza di segnalazioni generiche. Non basta, secondo me, denunciare genericamente dei contenuti per trasferire sull'ISP l'obbligo di identificazione (altrimenti, in certo modo, l'obbligo generale di sorveglianza, uscito dalla porta, rientra dalla finestra .... e poi su certe piattaforme come YouTube la denuncia generica non ha senso alcuno visto che la presenza di contenuto illecito è già, quanto meno presuntivamente, certa ....).
Quello peraltro con cui sono ancora meno d'accordo sulla sentenza è il punto dell'equiparazione tra indicizzazione del sito e condotta 'attiva' rispetto ai contenuti. Purtroppo, dalla causa The Pirate Bay in poi sta diventando la costante della giurisprudenza italiana (e il grimmandello per far saltare la copertura assicurata agli ISP dalla normativa comunitaria).
Ciao

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