lunedì 26 luglio 2010

Il phishing si fa tecnologico ...

La sicurezza di una catena si misura dal suo anello più debole e, nei sistemi di home banking l'anello più debole è (finora) il cliente ...
In questi anni anche le mail più sgrammaticate hanno mietuto vittime, complici vulnerabilità nei browser, creduloneria della gente ... last but not least, sistemi di autenticazione a volte abbastanza rudimentali ...

Come è stato possibile? Bah, un po' è che molta gente, di fronte ad un pc (ma anche di fronte a molte altre cose che non capisce ..) tende a diventare del tutto acritica e a credere un po' a qualunque cosa, un po' è che molta altra gente alla sicurezza del pc proprio non ci guarda e i phishers hanno avuto buon gioco a mascherare gli indirizzi del loro falso sito, magari sfruttando le debolezze di browsers mai aggiornati ...

Già, gli aggiornamenti di sicurezza: brutto capitolo. Quanti sono gli utenti che usano un pc non aggiornato da anni, magari perchè hanno una copia di photoshop o di office piratata e non vogliono assolutamente rischiare che magari Microsoft dia un'occhiata al loro disco fisso e li scopra (e quindi non attivano mai gli aggiornamenti di sicurezza proposti dal sistema)? Ne conosco parecchi, anche parenti, ma guai a dir loro che sono a rischio ... "ho l'antivirus!", ti rispondono (come se l'antivirus potesse supplire alle magagne di un sistema non aggiornato ...).

Ma è sul piano degli aggiornamenti di sicurezza e della protezione del pc dell'utente che si giocherà una bella fetta della sicurezza delle transazioni bancarie, perchè il phishing si sta facendo tecnologico e sta imboccando la strada dei trojan con soluzioni che - come riportato da Slashdot - sono capaci di aggirare anche evoluti sistemi di autenticazione basati su sistemi di two-factor authentication (ossia password + dispositivo fisico di autenticazione)...

Allora, val così la pena di trascurare la sicurezza per continuare a tenersi questo photoshop krakkato?

mercoledì 14 luglio 2010

Privacy giornalismo

La notizia del deposito della sentenza (n.16236 del 2010 del 6 maggio 2010, depositata il 9 luglio 2010) era stata pubblicata ieri da Il sole 24 ore con un titolo eloquente: "la libertà di informazione  prevale sulla privacy".

Non c'è che dire:  un bel titolo ad effetto, specie e fronte delle recenti polemiche sulla "legge bavaglio", che stanno varcando anche i confini nazionali, fino a giungere all'ONU ....

Anche indipendentemente dal momento politico in cui si colloca (non nascondiamoci  dietro ad un dito...) è una sentenza interessante (e pienamente nel solco della tradizione della nostra Suprema Corte).

Di seguito riporto la parte finale della motivazione:

Ne consegue che detta modalità di fare informazione non comporta violazione dell'onore e del prestigio di soggetti giuridici, con relativo discredito sociale, qualora ricorrano: l'oggettivo interesse a rendere consapevole l'opinione pubblica di fatti ed avvenimenti socialmente rilevanti; l'uso di un linguaggio non offensivo e la non violazione di correttezza professionale.
Inoltre, il giornalismo di inchiesta è da ritenersi legittimamente esercitato ove, oltre a rispettare la persona e la sua dignità, non ne leda la riservatezza per quanto in generale statuito dalle regole deontologiche in tema di trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica (ai sensi dell'art. 2 5 della legge 31 dicembre 1996, n. 675; dell'art. 20 D.lgs. n.467/2001 e dell'art. 12 del D.lgs. n.196/2003).
Viene dunque in evidenza un complessivo quadro disciplinare che rende l'attività di informazione chiaramente prevalente rispetto ai diritta personali della reputazione e della riservatezza, nel senso che questi ultimi, solo ove sussistano determinati presupposti, ne configurano un limite.
In particolare, è da considerare in proposito che, pur in presenza della rilevanza costituzionale della tutela della persona e della sua riservatezza, con specifico riferimento all'art. 15 Cost., detta prevalenza del fondamentale e insopprimibile diritto all'informazione si evince da un duplice ordine di considerazioni :
a) innanzitutto l'art. 1, 2°comma, Cost., nell'affermare che "la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei lìmiti della Costituzione", presuppone quale imprescindibile condizione per un pieno, legittimo e corretto esercizio di detta sovranità che la stessa si realizzi mediante tutti gli strumenti democratici (art. 1, l°comma, Cost.), a tal fine predisposti dall'ordinamento, tra cui un posto e una funzione preminenti spettano all'attività di informazione in questione (e quindi a maggior ragione, per quanto esposto); vale a dire che intanto il popolo può ritenersi costituzionalmente "sovrano" (nel senso rigorosamente tecnico-giuridico di tale termine) in quanto venga, al fine di un compiuto e incondizionato formarsi dell'opinione pubblica, senza limitazioni e restrizioni di alcun genere, pienamente informato di tutti i fatti, eventi e accadimenti valutabili come di inte resse pubblico.
b) Inoltre, non può non sottovalutarsi che lo stesso legislatore ordinario, sulla base dell'ampia normativa sopra richiamata, ha ricondotto reputazione e "privacy" nell'alveo delle "eccezioni" rispetto al generale principio della tutela dell'informazione; tant'è vero che in proposito, nel Lo stesso Codice deontologico dei giornalisti (relativo al trattamento dei dati personali) all'art. 6 si legge testualmente che "la divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell'originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti. La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica. Commenti o opinioni del giornalista appartengono alla libertà di informazione nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente garantita a tutti"; come anche deve ricordarsi che con Risoluzione dell'assemblea n.1003 del 1°luglio 1993, relativa all'etica del giornalismo, il Consiglio d'Europa ha, tra l'altro, affermato che "i mezzi di comunicazione sociale assumono, nei confronti dei cittadini e del la società, una responsabilità morale che deve essere sottolineata, segnatamente in un momento in cui l'informazione e la comunicazione rivestono una grande importanza sia per lo sviluppo della personalità dei cittadini, sia per l'evoluzione della società e della vita democratica".
 

sabato 10 luglio 2010

E se avesse ragione lui?



Riprendo da un commento dell'amico P.S. e rilancio con una domanda: e se avesse ragione Montanelli? Sono queste le ragioni della ormai cronica difficoltà dell'Italia come paese?

Diffido dalle risposte semplici a problemi complessi (ed è questa una delle ragioni per le quali in genere diffido della destra e - specialmente - di questa destra), ma in due punti il discorso di Montanelli mi ha fatto venire la pelle d'oca: quando ha parlato della mancanza di consapevolezza degli italiani e del loro rifiuto di studiare la loro storia e quando parla all'attitudine degli italiani al lavoro servile.

Quello che secondo me Montanelli non coglie  e rimane sullo sfondo è la struttura paternalistica e affiliativa che tutt'ora permea la società italiana, anche in questi tempi di transizione verso un atteggiamento più 'adversarial' (non consapevolmente vissuto), più vicino all'atteggiamento anglosassone (ma anche francese: provare per credere). Temo che il servilismo degli italiani sia più l'effetto che la causa ...

Sarà quella la ragione per la quale nei tempi moderni (nei quali la mancanza e la distanza dalle fonti di approvvigionamento di materie prime risulta meno importante), paradossalmente aumenta la distanza dell'Italia dai leader europei (Francia e Germania)?

Sarà quella la ragione per la quale dall'Italia non viene mai un innovazione (salvo, magari nel campo della moda, dove però di regola eccelliamo prevalentemente per la qualità dei materiali e del lavoro) o una rivoluzione?

Già, perchè - non me ne voglia l'amico etienne, ma in Italia una rivoluzione "dal basso" non l'abbiamo avuto da quando San Francesco (una figura senz'altro da studiare per la sconcertante modernità dei temi sociali dell'epoca ...) ha contribuito a riportare nell'aleveo della normalità i moti popolari ed eretici del 1200 ...
Creative Commons License
I testi di questo blog sono pubblicati sotto una Licenza Creative Commons.