mercoledì 21 dicembre 2011

Auguri avvocateschi ...

Qualche anno fa avevo pubblicato un esempio di come un avvocato avrebbe potuto stendere il proprio biglietto di auguri.

Il testo iniziava così: 

"From us ("the wishor") to you (hereinafter called “the wishee"), please accept without obligation, implied or implicit, our best wishes for an environmentally conscious, socially responsible, politically correct, low stress, non-addictive, gender neutral, celebration of the winter solstice holiday, practiced within the most enjoyable traditions of the religious persuasion of your choice, or secular practices of your choice ..."
... e finiva con un lungo elenco di disclaimer.

Qualche bello spirito ha anche trovato il tempo di tradurli in italiano.

Proprio ieri mi arrivano questi auguri di Natale, mandati da uno studio legale piuttosto noto e che ci trovo?

Tre bei disclaimer. Frasi del tipo:
"We disclaim all responsibility for those recipients whose country in which Christmas is not a formal public holiday".
o:
"We  extend  our  wishes  with  no  obligation,  express  or  implied,  and  without regard to your race, age, gender, religious faith and political beliefs".
Mi ha risollevato la giornata. Mai avrei pensato che una nota law firm ('giovane', ma danarosa) avesse voglia di fare dell'autoironia con gli auguri ai clienti ...

Ecco gli auguri:


Buon Natale!

domenica 18 dicembre 2011

La truffa con le stellette (ossia la falsa Gdf online) ...

Non occorre studiare il "social engineering" per sapere che due sono i principali motivi che spingono la gente a cadere nelle truffe:
  1. il desiderio di ricevere un premio;
  2. la paura di ricevere un danno.
Il meccanismo n.1 (il desiderio di ricevere un premio) funziona meglio  quando il premio tutto sommato è inaspettato (o non del tutto meritato), mentre il meccanismo n.2 (la paura del danno) funziona anche meglio quando la vittima già teme l'evento negativo o, caso ancora diverso, ha tutto sommato la coscienza un po' sporca  e quindi si aspetta di essere punita. In questi casi spesso la vittima si 'butta' essa stessa nella trappola senza fare tante domande ...

Lo sanno bene gli inventori del phishing, che hanno sfruttato ampiamente entrambe le tecniche: infatti le mail o attirano la preda con il miraggio di un premio (es. una lotteria alla quale la vittima non ha partecipato) o minacciano un danno che la vittima teme (un attacco di hacker, un'arbitraria chiusura del proprio account da parte della banca ...).

Non ci vuole la tecnologia per prendere il controllo di un computer ... In fondo anche inganni banali, quando incontrano una vittima nella giusta "disposizione d'animo", funzionano, perchè in tal caso la vittima si infila volontariamente nella trappola.

Allora che c'è di meglio - specie di questi tempi - che impersonare la Guardia di Finanza?

Nasce così una truffa che sfrutta il logo (e parzialmente il sito) della Guardia di Finanza convincendo le ignare (e sprovvedute) vittime a fare pagamenti su un sito estero per sanare una violazione di proprietà intellettuale asseritamente rilevata dalla GdF.

Nonostante le modalità inconsuete (e alcuni particolari francamente un po' surreali, come la mail da "servizio_clienti@gdf.it") un po' di gente ci deve essere cascata se sul sito ufficiale della Guardia di Finanza (e in particolare sulla pagina del GAT- Gruppo Anticrimine Tecnologico)  ci sono articolate istruzioni su come evitare la truffa ....


martedì 29 novembre 2011

Programmi per elaboratori e ipotesi di 'copiatura funzionale' ...


Interessante e articolata l'opinione resa dall'Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella causa C-406/10.

L'High Court inglese ha interpellato la Corte di Giustizia dell'Unione Europea in un inconsueta causa promossa da SAS Institute Ltd contro World Programming Ltd relativa all'asserita riproduzione di funzioni di un programma per elaboratore.

Nella causa in corso in Inghilterra, una società (Sas Institute) accusava l'altra (World Programming) di aver realizzato un programma in grado di eseguire programmi di Sas (una sorta di emulatore) violando la  proprietà intellettule di quest'ultima.

E' interessante peraltro che non vi è prova che Word Programming  abbia avuto accesso al codice sorgente di Sas e quindi è difficile dire che abbia copiato in senso classico.

La causa si svolge pertanto sulla riproduzione di funzioni già implementate dal programma asseritamente 'copiato' e coinvolge vari temi, quali:

  • la tutelabilità delle idee (ipotesi nettamente rifiutata dall'Avvocato Generale, per lo meno sulla base della tutela data dal copyright);
  • la tutela dei manuali d'uso (ritenuti tutelabili in quanto siano espressione di originalità);
  • la tutela dei linguaggi di programmazione (visti dall'avvocato Generale come elementi funzionali, come tali non tutelabili);
  • la facoltà del licenziatario di risalire ai principi di funzionamento di un programma per elaboratore, con particolare riferimento alla possibilità di ricostruire i formati dei file del programma sotto osservazione (ammissibile negli stretti limiti necessari per raggiungere l'interoperabilità con altri programmi, ma non per ricostruire il codice sorgente);
Attendiamo la decisione della Corte

sabato 12 novembre 2011

Velasco - La cultura degli alibi



Questa sera c'è grande frenesia ed è giusto che sia così.

Non è che mi aspetti grandi miglioramenti a seguito delle dimissioni di Silvio Berlusconi (che rimane comunque nella posizione di condizionare pesantemente e di bloccare il paese ...), ma è un passo che andava fatto. Prima si inizia e prima si finisce ....

Poi la situazione è quella che è: vista la situazione in cui ci troviamo e la spinta dei mercati (o dei 'mercanti'?) possiamo scegliere tra una cura di "neoliberismo" (che non garantisce la ricrescita rischia di produrre pesanti danni sociali) o saltare il fosso e accettare una soluzione Islandese (dichiarare il default e accettare i crack della nostra finanza pubblica e privata). Sicuramente sceglieremo di bere l'amaro calice anche a costo del di cancellare gran parte del '900.

Shock economy, messa in pratica.

L'incredibile è che si sia giunti ad una situazione simile, a maggior ragione dopo gli sforzi e i sacrifici degli anni '90 per stabilizzare una finanza fuori controllo e entrare nell'euro ...


L'italiano è maestro di alibi, per sè e per gli altri. E' poi speciale a trovare alibi per i suoi governanti, a non chiedere loro di rendere conto delle loro azioni e a seguirli in ogni scelleratezza.

Senza una violenta reazione internazionali (suscitata dalla paura che a nostra crisi possa fare male a loro) questo governo sarebbe felicemente in carica e si preparerebbe a decidere l'elezione del prossimo Presidente della Repubblica: noi ci saremmo continuati ad accontentare di ragionamenti del tipo "tanto che ci vuoi fare", " ... sono tutti uguali" ... "siamo in Italia, queste cose sono nel nostro carattere nazionale". Mica diversi dagli argentini di Velasco ....

Non ne usciremo tanto bene, nè tanto presto (Argentina docet, anche in punto di necessità di pensare a soluzioni "anticonvenzionali" ai problemi economici), e in ogni caso chi pensa che tutto tornerà come prima si sbaglia di grosso.


lunedì 3 ottobre 2011

Shock economy

 "Shock economy è un saggio della giornalista canadese Naomi Klein, pubblicato nel settembre del 2007.
Il libro studia gli effetti e le applicazioni delle teorie liberiste di Milton Friedman e della Scuola di Chicago in diversi Stati del pianeta, dagli anni sessanta fino al 2007. La tesi principale sostenuta dall'autrice è che l'applicazione di queste politiche (che prevedono privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica e liberalizzazioni dei salari) sia stata effettuata sempre senza il consenso popolare, approfittando di uno shock causato da un evento contingente, provocato ad hoc per questo scopo, oppure generato da incapacita politiche o da cause esterne. Inoltre l'effetto dell'applicazione di queste teorie è stato la crescita della disoccupazione e il generale impoverimento della popolazione".

Era tutto già scritto?

Dopo la "lettera segreta" della BCE al Governo italiano, con le sue ricette ultraliberiste, l'uscita di FIAT da Confindustria, rea di essere troppo morbida sulle deroghe alle leggi attuali sul diritto del lavoro.

L'Italia sta per essere profondamente trasformata da una serie di 'modernizzazioni' che pochi vogliono, me tutti ormai cominciano a ritenere ineluttabili e nessuna voce si leva contro questi programmi.

Allora, ci siamo?

sabato 3 settembre 2011

Settembre



Settembre è il mese in cui si rientra a lavorare ed è il mese nel quale i  bimbi  iniziano un  nuovo anno scolastico. Per me l'anno è sempre iniziato a settembre.

Ma settembre ha anche un'altra caratteristica: è il primo dei mesi consigliati per il consumo di ostriche: i francesi dicono che le ostriche vanno mangiate nei mesi con la "r" e quindi da settembre ad aprile (in francese gennaio  si dice janvier).

Dato il sovrappeso accumulato in vacanza, penso che me ne starò buonino buonino almeno fino a metà ottobre. Nel frattempo mi lustro gli occhi ...

sabato 23 luglio 2011

Sono sempre loro

Il bilancio dell'attacco terroristico di ieri a Oslo si fa sempre più pesante: 91 morti, in gran parte adolescenti e giovani che presenziavano ad un raduno politico nei dintorni della capitale.

Una tragedia terribile, che per un attimo ha scalzato dalle prime pagine dei nostri giornali i titoli "urlati" sulle miserie della nostra politica.

Ma la politica non è rimasta lontana da questa tragedia, anzi ...

E così i giornali della destra italiana (non chiedetemi di chiamarli di "centro destra": di moderato non hanno mai avuto proprio nulla) si sono buttati a capofitto sulla notizia e hanno sparato titoli in prima pagina che non danno adito a dubbi: i colpevoli sono i terroristi arabi (e i "buonisti" che li favoriscono).

Guarda caso (la sfortuna alle volte ...) è poi emerso che l'attentatore non è un arabo, ma un bianco (norvegese), cristiano e anti-islamico e che le vittime sono i "buonisti" stessi (la maggior parte delle vittime sono ragazzi del raduno del partito laburista).

In sostanza è emerso che l'attentatore è proprio della stessa matrice ideologica di questi articoli de Il giornale, Libero e il Foglio.

Così la Norvegia finisce per piangere le vittime di una follia indirizzata proprio dalle ideologie che teorizzano l'attacco all'Europa da orde di Arabi (che peraltro hanno già abbastanza problemi a casa propria da non avere molto tempo da dedicarci ...).

Inventare allarmi è notoriamente una politica che aiuta a nascondere i problemi veri, ma questa volta sta contribuendo a creare problemi nuovi ...

lunedì 18 luglio 2011

Proprietà intellettuale "bestiale"

Questo "bel tomo" è una scimmia. Un macaco, per la precisione.

E' anche l'autore della foto: uno splendido autoritratto.

I fatti sono semplici: un fotografo dimentica per un attimo la sua macchina fotografica mentre è in visita ad un parco naturale e un macaco curioso si impadronisce della macchina e si scatta una bella foto.

La storia, unitamente alla foto, viene pubblicata su internet e infine ripresa da  Techdirt, che ripubblica la foto.

Ebbene, Techdirt riceve una diffida che sostiene che, pubblicando la foto del macaco, Techdirt avrebbe violato il diritto d'autore.

Il diritto d'autore di chi?

Ci sono pochi requisiti perchè un'opera di qualifichi per ottenere la protezione del diritto d'autore, ma tra i pochi requisiti c'è quella di essere frutto dell'ingegno umano.

Umano, appunto, mentre l' "autore" è una scimmia, ragion per cui chi sarebbe il titolare del preteso "diritto d'autore"?

Nessuno, probabilmente, ma la litigiosità umana  è sicuramente superiore a quella delle scimmie e il titolare del sito che ha pubblicato per primo le foto riprese da Techdirt insiste nelle sue diffide.

Ci saranno seguiti? Stay tuned ....

domenica 17 luglio 2011

Patents pending ... (ancora sull'effetto dei brevetti sull'innovazione)

Si suole ripetere che la proprietà intellettuale e soprattutto i brevetti favoriscono l'innovazione.

Chi lo dice? Non è chiaro, perchè lo dicono un po' tutti...

Se poi si cercano le base scientifiche, o anche solo empiriche, di un'affermazione che significa che una limitazione legale alla concorrenza comporterebbe un aumento dell'innovazione ... le voci si diradano, ma l'affermazione di fondo continua a girare e a permeare l'evoluzione del diritto.

Che la limitazione della concorrenza (se ho un diritto di proprietà intellettuale posso vietare sostanzialmente qualsiasi uso della mia proprietà) stimoli l'innovazione è un'affermazione talmente paradossale che potrebbe anche sembrare vera.

A volte però (e magari spesso, se ci pensiamo bene), le cose sono come sembrano e quindi il diritto per alcuni di negare a tutti gli altri il diritto di usare idee e metodi che spesso non sono altro che banali miglioramenti di tecniche esistenti (non ci vuole nessuna genialità per ottenere un brevetto: è sufficiente che l' "invenzione" non sia "ovvia") non favorisce, l'innovazione, anzi ...

Non mi stupisce, quindi, la notizia secondo la quale molti sviluppatori europei starebbero ritirando le loro applicazioni dagli "App store" statunitensi per paura di essere coinvolti in cause per la violazione di brevetto. negli Stati Uniti, dove la brevettazione del software (e dei metodi di business) è ammessa entro limiti più larghi rispetto ad altri Paesi.

Direte voi che se uno non è in grado di garantire il proprio prodotto contro violazioni di proprietà intellettuale altrui dovrebbe smettere di produrre. Tuttavia quando si comincia a consentire la brevettabilità di idee ampie o di processi solo marginalmente differenti rispetto a quello già in uso, le ricerche necessarie per stabilire se si corrono dei rischi (pur avendo sviluppato autonomamente il  prodotto) sono potenzialmente molto costose (e dall'esito incerto), con la conseguenza che anche le più rinomate software houses stanno rivedendo le loro politiche e le garanzie che offrono ai loro clienti paganti ...

giovedì 14 luglio 2011

Phishing forense ...

Diceva una canzone di De Andrè che:
"una notizia un po' originale non ha bisogno di alcun giornale, come freccia che dall'arco scocca, vola veloce di bocca in bocca ...".

In Internet si trovano spesse di queste notizie "originali" ... è il suo bello.

Così alcuni mesi fa trovo la notizia di una sentenza "rivoluzionaria" in tema di differenze tra phishing e pharming (in realtà il comunicato pubblicato sui vari siti, che porta bene in evidenza i nomi dell'avvocato e del giudice, poi dimostra di non sapere che phishing non si scrive con la "f" ...).

Letta attentamente, la notizia si rivela per quello che è: un comunicato dal sapore vagamente pubblicitario, ma che si basa su affermazioni di fatto per lo meno discutibili per cui finisce con l'affermare che, mentre nel "fishing è il cliente viene ingannato da e-mail che lo inducono a fornire spontaneamente i propri dati e coordinate bancarie e quindi non si configura responsabilità dell’istituto di credito", nel pharming "l’unica responsabilità è da addebitare alla banca che utilizza sistemi vulnerabili nei quali si verificano intrusioni di terzi che sottraggono dati e fondi dei clienti. L’hacker entra nel sistema informato dell’istituto di credito e sovrappone una pagina fittizia, identica a quella originale e quando il correntista inserisce dati e numero di conto, i pirati informatici li registrano e possono effettuare tutte le operazioni".

I primi commenti sono improntati all'incredulità, se non all'incredulità e la notizia 'muore' lì.

Poco fa viene pubblicata, questa volta su un sito specializzato, quello di IPOSOA, una nuova "novità", la sentenza  del Giudice di Pace di Asti del 28 aprile 2011, che ravvisa la responsabilità della banca nel fatto che la stessa "non fornisce alcuna prova di aver consegnato ... [ai correntisti] il codice “Bic-Swift” nonostante gli attori avessero fin dall’inizio contestato l’inadempienza contrattuale dell’istituto di credito, con la conseguenza di dover ritenere provata la doglianza".

Non so che abbia capito il Giudice di Pace (e il redattore che ha ritenuto di pubblicare la notizia con il roboante titolo "home banking - per le operazioni abusive risponde l'istituto"), ma i codici "Bic" ("Business Identifier Code") e "Swif" ("Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication") non sono codici segreti fornite dalla banca ai correntisti per consentire di effettuare bonifici, ma le coordinate bancarie (l' "indirizzo bancario" del conto di destinazione) che il correntista deve conoscere per "piazzare" correttamente il bonifico.

Non si tratta certo di dati segreti: sono disponibili in Internet in quanto servono per impartire i bonifici.  A differenza dell'IBAN, che identificano anche il conto corrente, SWIFT e BIC identificano solo la banca e lo sportello di destinazione de bonifico.

Una sentenza per lo meno "frettolosa" ..... 

Strano però che pronunce meno frettolose (o forse meno prone ad inghiottire le "esche" lanciate dagli avvocati di parte...), come quelle dell'Arbitro Bancario Finanziario (sistema di risoluzione delle liti tra i clienti e le banche creato con il patrocinio di Banca d'Italia) hanno ottenuto minor risonanza.

 Riporto un passo della relazione, decisamente più meditata:
"il Cliente ha l’obbligo di diligente custodia della carta di pagamento e dei codici
identificativi. È stata, ad esempio, riconosciuta la responsabilità del cliente nel caso in cui i codici e la carta sono stati conservati unitamente, oppure nel caso abbia comunicato a un terzo il numero della propria carta di credito. Il cliente deve essere consapevole della delicatezza del mezzo telematico e della possibilità che attraverso di esso siano perpetrate frodi, anche nella forma del cd. phishing, attuando le cautele necessarie nei confronti di comunicazioni anomale che richiedono fraudolentemente la digitazione dei propri codici identificativi personali.
L’intermediario che offre alla propria clientela servizi di pagamento o telematici ha il dovere di adempiere il proprio obbligo di custodia dei patrimoni dei clienti con la diligenza professionale e qualificata richiesta dall’art. 1176, comma 2, del codice civile, predisponendo misure di protezione adeguate rispetto agli standard esistenti, anche sotto il profilo dei presidi tecnici adottati. Ad esempio, è stata riconosciuta la responsabilità dell’intermediario per non avere predisposto sistemi automatici di blocco delle operazioni anomale disposte tramite internet (nel caso di specie si trattava di una serie di ricariche telefoniche su numeri diversi, per un importo elevato, nel giro di poche ore), ovvero nel caso in cui non era stato adottato un terzo livello di protezione come le serie numeriche casuali generate da dispositivi automatici, ovvero per non avere previsto l’invio di sms di avviso dell’esecuzione dell’ordine
".
In molti di questi casi l'Arbitro ha riconosciuto il concorso di colpa tra la banca e il cliente evidenziando che entrambi hanno un obbligo di diligenza e che se per un phishing la leggerezza del cliente è necessaria, spesso non è sufficiente ....

martedì 21 giugno 2011

L'esaurimento (del diritto) va in Corte di Giustizia

La vicenda di usedSoft è giunta alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.

E' stata pubblicata sul sito della Corte la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta proposta dalla Corte Federale Tedesca (Bundesgerichtshof).

Incollo di seguito le domande.
"Questioni pregiudiziali
 
Se colui il quale possa invocare un esaurimento del diritto di distribuzione della copia di un programma per elaboratore sia un "legittimo acquirente" ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva 2009/24/CE .
In caso di soluzione affermativa della prima questione, se il diritto di distribuzione della copia di un programma per elaboratore si esaurisca, ai sensi dell'art. 4, n. 2, primo periodo, della direttiva 2009/24/CE, qualora l'acquirente abbia realizzato la copia su un supporto informatico per mezzo di "download" (scaricamento) del programma da internet con l'autorizzazione del titolare del diritto. 
In caso di soluzione affermativa anche della seconda questione, se anche colui il quale abbia acquisito una licenza di software 'usata', possa invocare, ai fini della possibilità di realizzare una copia del programma, in qualità di "legittimo acquirente" ai sensi dell'art. 5, n. 1, e dell'art. 4, n. 2, primo periodo, della direttiva 2009/24/CE, un esaurimento del diritto di distribuzione della copia del programma per elaboratore realizzata, con l'autorizzazione del titolare del diritto, dal primo acquirente su un supporto informatico per mezzo di "download" (scaricamento) del programma da internet, qualora il primo acquirente abbia cancellato la sua copia del programma ovvero non la utilizzi più".
 
Stay tuned ...

giovedì 16 giugno 2011

Empire strikes back?

Dopo i non brillanti risultati ottenuti in Spagna, continua la battaglia del gruppo Mediaset contro gli ISP sui cui siti sono pubblicati i suoi video.

Tornando in Italia i risultati sono decisamente migliori, visto che il Tribunale di Milano ingiunge ad Italia On Line (Libero.it) di rimuovere i video della casa del biscione sotto pena di una sanzione di 250 euro al giorno per filmato
 
La soddisfazione di Mediaset è affidata ad un comunicato nella quale quest'ultima accoglie "con soddisfazione questa ulteriore affermazione di principio che consolida la giurisprudenza inaugurata dal tribunale di Roma con la causa affrontata e vinta nei confronti di Google/YouTube. Ancora una volta è stata infatti stabilita la diretta responsabilità dei provider – prosegue il gruppo – in caso di diffusione non autorizzata di contenuti protetti da copyright".

La causa prosegue per la determinazione del danno (le richieste di Mediaset sono di un risarcimento di 100 milioni di euro).

La sentenza è consultabile qui.

Anche in questo caso (come pure in altri precedenti italiani) la difesa dell'ISP era affidata al fatto che la diffida del titolare dei diritti era assolutamente generica e non individuava gli specifici filmati contestati.

Il Tribunale non ha dato peso alla difesa in quanto ha osservato che sarebbe bastato al provider utilizzare il motore di ricerca del sito stesso per rendersi conto che erano stati effettivamente  caricati video nella titolarità dell'attore.

In ogni caso il Tribunale non ha riconosciuto ad Italia On Line lo status (e le esenzioni di responsabilità) di un hosting provider, osservando che Italia On Line  non sarebbe passivo rispetto ai filmati che ospita, sia in forza dell'attività di indicizzazione, organizzazione e promozione (effettuata attraverso meccanismi quali la proposta di 'video correlati'), che dell'aggiunta di alcuni filmati al database che sarebbe stata fatta direttamente dalla redazione e non dagli utenti.

Anche al di là delle particolarità del caso concreto (aggiunta diretta di filmati ...), molti sono i punti da sviluppare (basta la denuncia generica a creare l'"effettiva conoscenza" richiesta dalla legge? quando un hosting diventa "attivo''? ...).

Lascio le risposte agli esperti .....
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propri

lunedì 30 maggio 2011

L'effetto (dell'esaurimento) dei brevetti sulla ricerca ...

"Over the next three years, drug companies will watch $50 billion of revenue disappear as drugs lose patent protection. Desperate for new revenue, companies are making a big bet on cancer"
Tradotto, suona: "Nei prossimi tre anni, le società farmaceutiche vedranno 50 miliardi di dollari di guadagni sparire via via che i farmaci perderanno la protezione dei brevetti. Disperate di non poter fare nuovi guadagni, le farmaceutiche faranno una grande scommessa sul cancro ...".
Quanto sia grande questa scommessa, lo mostra il grafico che segue:


Ma come, non si era sempre detto che i brevetti sono sì una restrizione alla concorrenza ma sono indispensabili per garantire l'innovazione?

Non si era sempre detto che i brevetti stimolano la ricerca?

Talvolta, invece, le cose sono come sembrano: una restrizione della concorrenza è una restrizione della concorrenza e non si traduce necessariamente in un incentivo alla ricerca.

Non è neanche detto che i brevetti facciano bene all'industria in quanto tale o, quanto meno,  alla sua 'biodiversità'.
Solo per fare un esempio di casa nostra, possiamo ricordare che in Italia l'introduzione del brevetti nel campo dei farmaci, che data al 1978, non ha portato fortuna all'industria farmaceutica: prima di tale innovazione l'industria farmaceutica italiana era forte (il quinto produttore mondiale e il settimo esportatore). Attualmente molte case sono cadute in mano straniera e l'industria farmaceutica italiana è del tutto uscita dall'arena internazionale.

domenica 29 maggio 2011

Un mercato del software usato?

Ne avevo parlato tempo fa.

Ora UsedSoft, la società svizzera specializzata in vendita di software usato, ha vinto un'importante causa a Zurigo contro Adobe.

Il Tribunale elvetico avrebbe riconosciuto l'operatività del principio dell' "esaurimento del diritto" e quindi la legittimità della rivendita del software senza il consenso di Adobe.

La sentenza riguarderebbe software ceduto su supporti fisici (CD). 

La cosa interessante è che la Confederazione Elvetica avrebbe adottato la normativa europea come base della sua legislazione in tema di software.

martedì 26 aprile 2011

26 aprile 1987 (il futuro del nucleare)



Pensavo che il Governo avrebbe scelto il 25 aprile per la "solita" dichiarazione incendiaria che avrebbe, come ormai tutti i giorni, diviso il paese in due fazioni.

Invece mi sbagliavo: il Governo non ha scelto il 25 aprile (l'anniversario della liberazione), ma il 26 aprile (25° anniversario del disastro di Chernobil, avvenuto il 26 aprile 1987).

Sopra c'è il video delle dichiarazioni rese sul tema del nucleare dal Presidente del Consiglio al termine del vertice Italia-Francia.

Nessun dubbio del Presidente del Consiglio: lo stop al nucleare è solo momentaneo e motivato solo dall'esigenza di evitare un referendum che avrebbe rallentato troppo il processo di reintroduzione dell'energia nucleare in Italia.

Andiamo a seguire le argomentazioni a sostegno di tale decisione:

"eravamo all'avanguardia nella costruzione di centrali nucleari negli anni '70, poi sappiamo cos'è accaduto: l'ecologismo di sinistra si è messo di traverso e l'Italia ha dovuto addirittura interrompere i lavori di centrali che erano quasi terminate".  Da allora noi dobbiamo acquisire tutta l'energia che consumiamo dall'estero e questo ci porta ad un costo che grava su tutta la nostra economia, oltre che sulle famiglie italiane".

La manipolazione dell'informazione è evidente:
  • anche se abbiamo iniziato a produrre energia nucleare dal 1963 (terzo paese al mondo dopo USA e Regno Unito) nel 1987 avevamo solo 3 centrali nucleari attive; Trino, Latina e Caorso, perchè la centrale del Garigliano era ferma dal 1982 per guasti e mai più fatta ripartire (tra l'altro sia Trino che Latina erano ormai a fine vita perchè progettate per durare 25/30 anni ed erano attive dagli anni '60). Nonostante l'inizio tempestivo, l'Italia non aveva poi saputo costruire un'industria nucleare forte e soprattutto dipendeva totalmente dalla tecnologia straniera (i reattori furono costrutiti tutti su licenza statunitense o britannica);
  • l'unica centrale che forse era vicina al completamento nel 1987 era Montalto di Castro, se non fosse stato per il fatto che - tra l'altro - la centrale si trovava in zona esposta ad alluvioni e che proprio nel 1987 il cantiere della centrale era stato completamente invaso e semisommerso dalla acque dei fiumi vicini (il bacino del Fiora, altro che tsunami del Pacifico...);
  • ci si dimentica che il grande oppositore del nucleare e promotore dei referendum era Bettino Craxi, indimenticato mentore dell'attuale Presidente del Consiglio ...,;
  • l'affermazione secondo la quale (testuale) "Da allora noi dobbiamo acquisire tutta l'energia che consumiamo dall'estero" è semplicemente ridicola, battuta solo da un'altra incredibile affermazione (minuto 3.43) "le centrali francesi sono così sicure da essere addirittura resistenti ad un attacco atomico" (notare lo sguardo abbassato di Sarkozy che, durante questa parte della tirata, abbassa gli occhi e fa finta di non esserci ...).

Che dire?

Non so quando e come ricomincerà il cammino del nucleare, ma intanto con questi presupposti è difficile che incominci una politica energetica seria e comunque vada la bolletta energetica delle famiglie non potrà che aumentare (e magari proprio per effetto di provvedimenti del Governo, come quello di eliminare il supporto alle rinnovabili o di aumentare le accise sulla benzina).

Intento registriamo l'atteggiamento di un Governo che, dopo aver costantemente dichiarato di rifarsi alla volontà dell'elettorato quando si è trovato in conflitto con gli altri poteri dello Stato,  non consente a quest'elettorato di esprimere la sua volontà quando questa è contraria alla sua ....



sabato 16 aprile 2011

Fare finta di niente?


Riprendo un post di Massimo Melica: il fatto che un filmato non sia più una primizia assoluta, non significa che non valga pù la pena di diffonderlo. Specie ora.

martedì 29 marzo 2011

Un'idea intelligente ....

La paura fa novanta, ma la paura del nucleare fa anche di più ...

Ci hanno insegnato che in Italia siamo troppo emotivi, troppo paurosi e che, invece, negli altri paesi dove il nucleare lo usano, la gente apprezza il nucleare.



Si dice che i "tagli" siano motivati dall'esigenza di mostrare rispetto per la tragedia giapponese, ma a fronte dei 20.000 morti del sima nessuno è andato a spulciare i cartoni animati per eliminare quelli che parlano di terremoti...

domenica 27 marzo 2011

Yahoo!

La notizia dell'ordinanza che ingiunge a Yahoo di rimuovere i link ai siti che diffondono illecitamente un film ("About Elly") sta facendo il giro della blogosfera italiana. 


A differenza di altre notizie (vedi caso Google/Vividawn o il caso Youtube/Mediaset) non sembra aver subito attratto l'attenzione dei media stranieri, ma è probabile che lo farà presto.

Il tema è decisamente interessante: la responsabilità di un motore di di ricerca per aver reso disponibile i link attraverso i quali reperire in Internet materiale piratato (o comunque illecito: possiamo ipotizzare di tutto, da articoli diffamatori a pedopornografia).

Partiamo da un presupposto di diritto e da uno di fatto.

Quello di diritto è che la direttiva europea sul commercio elettronico, che regola la responsabilità di hosting providers, caching providers e mere conduits  non è stata pensata per regolare la responsabilità dei motori di ricerca

Quello di fatto è che un motore di ricerca non fa particolari indagini in relazione a quello che sta indicizzando: di regola i motori di ricerca operano automaticamente, leggendo e indicizzando pagine secondo criteri prefissati e del tutto automatici.  Intendiamoci: un moderno motore di ricerca non si limita ad indicizzare, fa anche una sorta di valutazione (ad es. il cosiddetto "ranking" di Google, che può dipendere da una pluralità di elementi) ma che concettualmente potrebbe dipendere anche dai contenuti.

Non è certo impossibile, almeno in teoria, dare istruzioni al motore di ricerca di filtrare i contenuti che indicizza e rende disponibili agli utenti (escludendo così l'accesso ad alcuni contenuti), ma occorre farsi prima alcune domande.


Partendo dal presupposto che l'indicizzazione – per garantire il necessario volume di pagine scandite - è automatica, ovviamente anche il filtraggio dovrà essere automatico. Alcuni limitati interventi sulle chiavi di ricerca sono già stati annunciati. I limiti del filtraggio automatico vero e proprio, però, sono alti: ci sono tecniche, anche sofisticate, di word filtering, ma i limiti sono comunque elevati e l'intervento umano per distinguere un contenuto illecito (ad esempio un'ingiuria) da uno lecito (ad es. un articolo o una sentenza su un caso di ingiuria) sarebbe comunque necessario.


Oltre tutto effettuando tale controllo preventivo, il motore di ricerca perderebbe il suo ruolo terzo e passivo rispetto ai contenuti ai quali facilita l'accesso e quindi il gestore del motore di ricerca - paradossalmente - aumenterebbe, invece di diminuire.

Attualmente, sulla base della  la direttiva europea sul commercio elettronico il controllo preventivo non è richiesto ad hosting provider, caching provider e mere conduit.

L'ordinanza del Tribunale di Roma ha riconosciuto ai motori di ricerca l'esenzione dell'obbligo di sorveglianza preventiva previsto dalla citata direttiva, ma ha ritenuto che la conoscenza dell'illiceità dei contenuti ai quali rimandano i link forniti dal motore di ricerca comporta l'obbligo di attivarsi per cancellare i link.

E' un'ordinanza (e resa per di più a seguito di esame sommario per cui non è detto che tutti i fatti siano stati esaminati a fondo), ma un provvedimento che "inibisce la ripetizione della violazione ... mediante il collegamento a mezzo dell'omonimo motore di ricerca ai siti riproducenti in tutto o in parte l'opera diversi dal sito ufficiale del film" mi sembra del tutto irrealizzabile. Badate bene che, oltre tutto, l'ordine non si riferisce al link ai contenuti, ma ai siti che violano i diritti di proprietà intellettuale (e quindi andrebbero verificati genericamente anche i contenuti ai siti linkati, oltre ai contenuti linkati direttamente?). 

In nessuna parte dell'ordinanza si indicano i link da eliminare.

Non vorrei parlare di assurdo, come fanno altri (più  autorevoli di me), certo è che il controllo preventivo uscito dalla porta, rischia di rientrare dalla finestra, visto che la presenza di contenuti illeciti (e in particolare di violazioni di proprietà intellettuale) su internet non è certo una novità.

domenica 13 marzo 2011

Il nucleare è sicuro (updated)?

Il nucleare è sicuro?

Bella domanda, specie in questi giorni e a fronte degli incidenti provocati dal terribile terremoto giapponese alle centrali nucleari della zona più colpita.

Ci sono siti che spiegano con gran dettaglio tecnico l'incidente e esaltano la sicurezza di queste centrali che hanno resistito ad un terremoto così catastrofico, addirittura più forte di quelli per le quali erano progettate.

Spiegano i tecnici che i reattori sono costruiti con criteri di sicurezza tali da resistere anche ad un attentato e persino ad un attentato stile 11 settembre e, in effetti, i reattori hanno tenuto.

I problemi sono iniziati subito dopo.

Il primo problema è stato paradossalmente (per una centrale elettrica) la mancanza di corrente: all'arrivo del sisma, infatti, le centrali sono state immediatamente fermate dai sistemi di sicurezza (che hanno funzionate perfettamente) ed hanno dovuto affidarsi ai generatori ausiliari diesel per la produzione della corrente necessaria al funzionamento degli apparati di raffreddamento (il vero tallone d'Achille delle centrali nucleari). Purtroppo i generatori ausiliari sono stati danneggiati (dal maremoto, pare) e le centrali si sono trovate a secco di energia per il funzionamento. Fortunatamente la sicurezza era stata presa sul serio ed era stato predisposto un secondo livello di sicurezza: le batterie d'emergenza, che però hanno durata limitata a poche ore.

Il secondo problema sono stati i rifornimenti d'acqua per il raffreddamento in quanto il terremoto ha in particolare danneggiato alcuni invasi destinati a contenere le notevoli quantità di acqua dolce necessarie per il raffreddamento della centrale.

Il risultato è che il primo reattore ad andare in crisi (Fukushima 1, quello attorno al quale si era verificata un'esplosione già ieri) è stato stabilizzato portando in gran fretta nuove batterie e nuovi generatori e pompando acqua di mare (pratica non consigliata per il normale raffreddamento in quanto l'acqua salata alla lunga è corrosiva per le tubazioni).

Si teme, però, la fusione parziale del nocciolo

In una diversa centrale (Tokai 2), l'impianto ha tenuto nonostante la perdita di due generatori su 3.

La situazione non si è ancora stabilizzata e mentre il numero delle vittime del sisma di impenna, nelle centrali si lavora alacremente per mettere in sicurezza gli impianti danneggiati.

Alla fine, il reattore è “a prova di bomba”, ma è difficile rendere a prova di bomba tutte le infrastrutture necessarie per la sicurezza di una centrale, specie in situazione di disastri e dobbiamo ancora aspettare per fare il conto dei danni.

Ho sempre trovato affascinante lo studio della sicurezza e della gestione delle emergenze, ma qual'è la morale che si può trarre, almeno al momento, dalla situazione?

La prima è che il nucleare può essere effettivamente reso sufficientemente sicuro, ma che la sicurezza del reattore in sé é condizione sì necessaria, ma non sufficiente.

Mi spiego: effettivamente le centrali giapponesi hanno affrontato un terremoto terribile senza danni ai reattori e con sistemi di sicurezza che nell'immediato hanno funzionato. Tuttavia, anche se è stato possibile realizzare reattori sicuri, la loro sicurezza dipende – in definitiva - da altri impianti più difficili da rendere “a prova di bomba”, come i gruppi elettrogeni, le pompe, gli impianti in genere e soprattutto gli invasi e le reti di trasporto e distribuzione dell'acqua di raffreddamento (per questi ultimi, in particolare, la loro stessa estensione costituisce una condizione di vulnerabilità in quanto rende difficile metterli in sicurezza).

La seconda è che – a fronte di quanto sopra – la sicurezza non è né facile né senza costi, anzi … Non per niente l'incremento del numero di centrali nucleari USA aveva già cominciato a calare già subito dopo dell'incidente di Three Mile Island e al conseguente inasprimento dei requisiti di sicurezza, per fermarsi decisamente dopo Chernobyl …..

Per mia esperienza, per fare sicurezza (contro i disastri, non contro i normali incidenti) le normali ridondanze non bastano, bisogna per lo meno duplicare le stesse misure di sicurezza e avere piani per gestire i disastri, specie a fronte di situazioni nelle quali può essere compromessa anche la percorribilità stessa delle strade e quindi la possibilità stessa di ricevere aiuti dall'esterno oltre che, parzialmente, la disponibilità di personale.

E il tutto deve essere garantito per tutta la durata della centrale che, a fronte degli altissimi investimenti che devono essere effettuati, spesso supera i 40 anni (e di questi tempi sta andando di moda il prolungamento della vita operativa delle centrali esistenti).

Grandissimo costi, insomma, fermi i miei complimenti ai giapponesi e tutti i miei auguri.

Update del 15 marzo:

Alla centrale di Fukushima le esplosioni si susseguono e si comincia a parlare di esplosioni all'interno di uno dei reattori e di uno schermo primario "probabilmente" danneggiato (dopo che le esplosioni dell'idrogeno già avevano scoperchiato le infrastrutture esterne).

La centrale è dura a morire,  ma sta morendo, nonostante gli sforzi incessanti dei tecnici e i silenzi del governo, che si è risolto a chiedere aiuto all'estero (aiuto che non verrà, ormai, perchè nessuno si fida e comunque nessuno può fare più niente).

E non è più neanche una "bella morte", visto che cominciano ad essere diffuse sui media voci di report di sicurezza falsificati.

Ma soprattutto mi ha fatto riflettere uno degli incidenti che si è verificato negli ultimi giorni: quello che  ha riguardato l'incendio di una certa quantità di materiale fissile esausto (il materiale esausto degli ultimi 20 anni d funzionamento)  conservato direttamente presso la centrale.

Non lo sapevo, ma le centrali nucleari sono anche siti di stoccaggio.

Non uno stoccaggio definitivo, però, uno stoccaggio in una semplice vasca disegnata - come spiega questo articolo - per conservare il materiale in attesa di uno stoccaggio definitivo. Uno stoccaggio definitivo che, però, non è ancora stato predisposto, aumentando ulteriormente la pericolosità della centrale.


venerdì 4 marzo 2011

Il diritto di indignarsi

Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n. 4248 del 22 febbraio 2011:
"Ciò premesso, qualora la narrazione di determinati fatti sia esposta insieme alle opinioni dell'autore dello scritto, in modo da costituire nel contempo esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della continenza non può essere condotta sulla base di criteri solo formali, richiedendosi, invece, un bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita ... Ed è appena il caso di sottolineare come nell'esercizio del diritto di critica, mirante per definizione non ad informare ma a fornire giudizi e valutazioni personali, ben possano essere adoperate espressioni di commossa partecipazione alla vicenda che si racconta e di indignazione nei confronti di determinate situazioni che si siano venute oggettivamente a determinare"
Bene. Meno male che la Corte di Cassazione ci ricorda che abbiamo il diritto di indignarci, e pure il diritto di esprimerla, questa indignazione, e di darvi voce accorata.

Ma quanti si ricordano ancora di indignarsi di fronte ad una gestione della cosa pubblica così incurante e scellerata?
 

martedì 1 marzo 2011

Contrordine compagni?

La sentenza 7155 del 2011 della Corte di Cassazione, depositata solamente il 24 febbraio 2011, sta già facendo scalpore. 

Siamo sempre stati abituati a pensare che la stampa non si sequestra, salvi i casi eccezionali previsti dalla legge e d'altronde così e scritto sulla Carta Costituzionale.

Adesso spunta questa sentenza, segnalata dal sempre attento Marco Scialdone, che evidenzia la novità di quanto ora sostenuto dalla Suprema Corte, secondo la quale il divieto costituzionale di sequestro nei confronti della stampa non si applica al sequestro preventivo, ossia al sequestro motivato con l'esigenza di evitare che il reato (nel caso in questione, una diffamazione)  giunga ad ulteriori conseguenze.

Una bella 'novità', resa poi in un caso in cui (sequestro di blog) la questione dell'applicabilità della legge sulla stampa non aveva alcuna rilevanza (la questione  aveva già formato oggetto della sentenza 10535/2008).

Quale la motivazione? In sintesi si sostiene che l'art.21 della Costituzione non poteva riferirsi al sequestro preventivo (il sequestro operato per impedire che si protraggano o aggravino le conseguenze del reato), introdotto nel nostro ordinamento solo con il codice Vassalli del 1998, ma solo al sequestro probatorio (ossia al sequestro finalizzato solo ad acquisire le prove del reato), unica forma prevista al tempo della Carta Costituzionale.

L'argomentazione è, però, insostenibile: innanzitutto non è vero che prima del 1998 in Italia non esistessero i sequestri preventivi: esisteva  il "sequestro penale" che aggiungeva alle funzioni del sequestro probatorio le funzioni di prevenzione dei reati. Si sequestravano già allora le merci alterate o contraffatte, gli esplosivi, gli oggetti pericolosi, la stampa pornografica .. etc,. anche quando ai fini probatori erano sufficienti i verbali di ispezione o perquisizione ... Chi ha la mia età, poi,  ricorda bene, i "pretori d'assalto" che  - in tempi più recenti - dell'uso preventivo del sequestro ne fecero un fenomeno di costume e qualche volta di colore ....

Ma l'argomento letterale è insuperabile: la Carta Costituzionale prevede che il sequestro sia previsto da una norma espressa di legge che deve inoltre  indicare per quali delitti il sequestro può essere consentito e nemmeno implicitamente l'emanazione del codice Vassalli ha ampliato i casi di sequestrabilità della stampa.

E la chicca sono le tre sentenze citate dalla Corte di Cassazione a supporto della posizione espressa: delle tre solo la prima (del 2006) sostiene (in motivazione, poichè la massima ufficiale non la evidenzia) la tesi della sequestrabilità: le due più recenti si esprimono in senso assai netto per l'opinione contraria.

Bah ...
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giovedì 24 febbraio 2011

L'esaurimento del diritto va in Corte di Giustizia

Interessante questione portata alla Corte di Giustizia Europea dalla Corte Federale Tedesca.

La questione e' stata posta a seguito di una causa intentata da Oracle (nota software house statunitense) contro UsedSoft, un rivenditore di software usato.

Oracle lamenta la violazione dei termini delle sue licenze, che non consentono la duplicazione e la cessione, anche quando il prezzo è stato pagato interamente dal licenziatario e quest'ultimo non ha più intenzione di utilizzare il prodotto. UsedSoft invoca l'esaurimento del diritto.

Cos'è l'esaurimento del diritto? E' il principio secondo il quale il diritto della software house di impedire l'ulteriore circolazione della copia di un programma si esaurisce a seguito della prima cessione della licenza stessa.

La vita del software usato, nonostante il principio dell'esaurimento del diritto che pure sembrerebbe consentirla, è finora stata piuttosto dura, perchè spesso i contratti delle software house sono strutturati come licenze e non come cessioni proprio per escludere l'operatività dell'esaurimento del diritto.

Il Italia l'unico precedente è costituto da una una sentenza del Tribunale di Milano del 2002, che ha ritenuto prevalente comunque l'esaurimento del diritto in caso di trasferimento a titolo definitivo, anche in forza di una particolare previsione della normativa europea (il quindicesimo “considerando” della direttiva CE 91/250 che qualifica come licenze solo le cessioni a tempo limitato ed è stata usata a contrario per sostenere la natura di cessione , rilevante ai fini dell'esaurimento del diritto, dei trasferimenti senza limiti di tempo, ancorchè denominati licenze).
La questione è difficile e in salita, tenuto anche conto del fatto che le copie originali che sono state rivenduto erano state distribuite con download (che, almeno in Italia - cfr. art.17 L.d.A.-  non consente di giungere all'esaurimento del diritto) ....

Vedremo.

sabato 19 febbraio 2011

Ignorantia legis ...

... non excusat, specie quando riguarda il supremo organo giurisdizionale della nostra Repubblica.

La schermata riportata a fianco è tratta dal "servizio novità" della Corte di Cassazione, un servizio (a cura dell'Ufficio del Massimario) che pubblica le più recenti sentenze della Suprema Corte.

Quale disposizione di legge autorizza l'Ufficio del Massimario a limitare all' "uso personale" (che come tale sarebbe poco confacente all'utilità che ne possono trarre, ad es. avvocati,  magistrati o giornalisti nell'esercizio delle loro funzioni o professioni)?

L'articolo 5 della legge sul diritto d'autore (legge 633/1941)  statuisce che "le disposizioni di questa legge non si applicano ai testi degli atti ufficiali dello Stato e delle Amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere".
  
Quindi alle sentenze della Cassazione (e alle loro massime ufficiali, curate appunto dell'Ufficio del Massimario), a differenza dei lavori delle case editrici private, non si applica il diritto d'autore (e nemmeno il diritto sui generis a favore del costitutore di una banca dati, regolato dalla medesima legge).

Il legislatore (e la legge era firmata da Mussolini ... ) era preoccupato di assicurare la massima diffusione delle norme e degli altri atti ufficiali delle amministrazioni dello Stato (tra le quali, pacificamente, l'Ufficio del Massimario).

I motivi di pubblico interesse del legislatore sono evidenti. Quelli dell'Ufficio del Massimario no.

giovedì 17 febbraio 2011

Social network vietato sul posto di lavoro?

 E' difficile commentare un passo come quello che segue:
"Come da Lei ben conosciuto, la partecipazione a blog o social network durante l'orario di lavoro, è in palese contrasto con la diligente e puntuale esecuzione del lavoro e il ripetuto e reiterato utilizzo di mezzi personali, stante l'inutilizzabilità dei mezzi tecnici messi a disposizione dalla Cassa, testimonia e conferma la volontà pienamente cosciente di contravvenire alle norme per il regolare svolgimento dell'attività lavorativa".
E' la parte finale di una lettera di licenziamento: il licenziamento di un dipendente della Cassa di Previdenza dei Dottori Commercialisti, accusato (oltre che di non aver salutato il Presidente e di aver rivelato ad un utente inferocito il numero di telefono del Diretto Generale) di aver postato commenti caustici (offensivi?) su facebook utilizzando il proprio iPhone personale.

E' una lettera in certi passaggi grottesca: si pretende in particolare di utilizzare la policy aziendale (ampiamente richiamata in altri punti della lettera) di vietare l'uso personale dei personal computer aziendale. E perchè non vietare allora l'uso sul lavoro del proprio cellulare personale?

Non è un punto da poco: in nessun punto della lettera è valutata la prestazione del lavoratore, la sua produttività (tanto di moda ora ...): solo i modi e i mezzi (personali) usati.

Pretendere che il dipendente nel corso dell'orario di lavoro (che negli ultimi , specie nel privato, anni tende spesso a prolungarsi sempre di più ...) sia tagliato fuori da ogni contatto sociale, non solo è paranoico, è impossibile. Non è mai avvenuto e non capisco perchè con internet debba essere diverso.

Probabilmente è anche illegale. Riprendo sul punto il provvedimento 1° marzo 2007 del Garante per la protezione dei dati personali:
"Il luogo di lavoro è una formazione sociale nella quale va assicurata la tutela dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli interessati garantendo che, in una cornice di reciproci diritti e doveri, sia assicurata l'esplicazione della personalità del lavoratore e una ragionevole protezione della sua sfera di riservatezza nelle relazioni personali e professionali ...., riguardo al diritto ad ottenere che il trattamento dei dati effettuato mediante l'uso di tecnologie telematiche sia conformato al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato)".

lunedì 7 febbraio 2011

A Detroit invece ...



E' con malcelata soddisfazione che Marchionne ha presentato il nuovo spot della Chrysler, realizzato per il Super Bowl alla modica cifra di 9 milioni di dollari …

E' uno spot che trasuda orgoglio: l'orgoglio di una città che produce macchine: Detroit.

Tanto orgoglio per l'Italia, Marchionne non l'ha mai espresso, semmai ha detto che “Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia” e che nemmeno un euro dei due miliardi di utile 2010 viene dal nostro paese …..

Oggi per lavoro ero a Torino e non si respirava aria di orgoglio. Qualche sussurro nei corridoi e tanta rassegnazione: Torino – con le sue enormi fabbriche e suoi quartieri a vie ortogonali – è sempre di più una città ex industriale (non post-industriale, solo ex ….).

L'Italia ha aiutato - e salvato - la Fiat, più volte (l'ultima volta mettendo il suo fallimento a carico delle banche con il famigerato 'convertendo'), ma adesso è esausta.

Le macchine che FIAT vende in Italia sono troppo poche (e negli altri paesi europei semplicemente non vende).
E quindi via, con la benedizione del Governo.

In Italia si produrranno ancora auto, certo, ma si produrranno auto straniere, come in Serbia …

domenica 6 febbraio 2011

Dove vanno gli eBook?


 Dove vanno gli eBook?

Qualche giorno fa leggevo che nel mondo dell'editoria vi sono forti aspettative per gli eBook e che, secondo alcuni studi, nel 2014 la maggioranza dei libri sarà venduta in forma elettronica.

In effetti si è vista una forte spinta pubblicitaria e di offerta da parte delle case pubblicitarie, ma anche di altri operatori come le telefoniche (ad. es.TIM con il “biblet”) che hanno fiutato la possibilità di un affare (nel caso delle telefoniche vendere i dispositivi e il collegamento internet necessario per scaricare gli eBook tramite collegamento UMTS).

Ma sono realistici questi obiettivi?

Secondo me no: al tempo del boom del commercio elettronico sembrava che le compravendite tramite internet avrebbero dovuto soppiantare il commercio tradizionale e apportare grandissimi vantaggi agli utenti. Prima ancora si diceva che con l'home banking sarebbero sparite le code in banca. E così via.

In realtà si è visto che queste nuove forme elettroniche coprono bene alcune esigenze di nicchia (spesso nuove esigenze), ma faticano ad entrare nei campi tradizionali.

Un po' è pigrizia e un cattivo rapporto con la tecnologia: molti utenti non sono affatto in cerca di avventure 'tecnologiche': preferiscono fare i chilometri con la macchina per comperare un capo d'abbigliamento scontato, ma non lo comprerebbero mai on-line (cosa che alcuni miei conoscenti fanno con soddisfazione), nemmeno se si tratta di vestiti per bambini (dove le taglie sono un problema comunque e il vestito non deve necessariamente durare).

Io stesso uso un po' il commercio elettronico per comprare libri (in effetti il commercio elettronico in Italia è iniziato con Amazon …) e molto per comprare accessori tecnologici, dalla custodia per il Tom Tom alle cartucce della stampante, ai regali di Natale, dove si fanno risparmi interessanti (oltre alla possibilità di trovare ricambi – come l'alimentatore del mio Asus 700 – praticamente introvabili nei negozi.

Anzi, direi che per i ricambi e accessori Ebay è ormai insostituibile (si dice che anche la NASA abbia fatto ricerche su Ebay per ricambi introvabili necessari per gli Shuttle ….), ma sui consumi 'tradizionali' la penetrazione è meno marcata (anche se ora Ebay si sta spingendo nella compravendita di case e automobili).

Ma oltre alla pigrizia e al rapporto 'passivo' di molti utenti con la tecnologia (che passano con sorprendente e uguale facilità dall'accettazione stupida – cfr. phishing – al rifiuto totale ….) c'è l'aspetto economico ...

Il commercio elettronico, soprattutto quello delle grandi case, non restituisce vantaggi economici agli utenti: se compri un libro su Amazon, il costo di libro e della spedizione è spesso superiore a quello del libro in libreria. Spesso la motivazione dell'acquisto elettronico è l'assortimento, non il prezzo. Cosa diversa se ti rivolgi (rischiando un po' di più, ma non troppo, a conti fatti) a mercanti un po' più … di seconda fascia, come quelli che si trovano su Ebay (vedi le mie cartucce, che – spedizione compresa - pago un quarto di quanto le pagherei in negozio vanno bene uguale se non meglio...).

Grazie a questa situazione dubito molto che attualmente l'eBook convenga a qualcuno.

I problemi sono due: i prezzi degli eBook e il lettore.

I prezzi degli eBook sono assurdamente alti: mi è capitato di vedere alcuni casi (libri di cassetta su Amazon) dove l'eBook costava di più del libro cartaceo: con l'eBook si risparmiava qualcosa sulla spedizione e poi avevi il piacere di avere subito il libro, ma tutto sommato la sensazione è quella di venir presi per il c.... se si tiene conto dei risparmi che un eBook consente ad un editore.

Anche normalmente, sui siti dei grandi negozi online (anche associati agli editori), il risparmio è 'magro' (più che altro la convenienza è sul libro fisico comprato on line).

Poi c'è il problema del lettore, che da solo costa sui 200 euro (anche di più se poi scopri che la custodia – della quale non puoi fare a meno se lo usi in viaggio - non è magari compresa nel prezzo …).

Leggere gli eBook su un computer o su un iPad si può, ma gli schermi lucidi e molto illuminati irritano gli occhi e così ci vuole un lettore dedicato …....

Certo, con l'eBook hai il vantaggio della scelta amplissima di titoli, ai quali puoi aggiungere i libri in pubblico dominio distribuiti, ad es., dal “progetto Gutemberg”, o dall'autore stesso.

Già perchè in molti casi gli autori (specie di libri tecnici) non fanno soldi con le vendite del libro: il loro vantaggio viene dalla diffusione delle loro idee (e del loro nome) e quindi la possibilità di distribuire gratuitamente (o eventualmente a basso prezzo) la propria opera è un vantaggio grandissimo. Attualmente – per fare un esempio – molte case giuridiche chiedono un contributo all'autore per pubblicare un libro cartaceo. Altalex, invece, vende eBook a prezzi molto convenienti. Altri, come Computerlaw 2.0 e Simone Aliprandi hanno deciso di saltare il fosso e privilegiare la diffusione e li distribuiscono gratis.

Qui è il potenziale enorme dell'eBook: ti consente di “disintermediare”: di non legarti ad una casa editrice per pubblicare le tue opere e di reperire opere in pubblico dominio ancora di grande valore.

Il problema è il lettore, che è un costo non giustificabile, quanto meno finchè rimane monofunzionale (non capisco perchè un lettore che ha collegamento UMTS non debba quanto meno gestire la posta e una rudimentale navigazione su internet e magari le telefonate). Ora il mercato degli eBook reader è spesso guidato da soggetti (librerie on line o telefoniche) che hanno interesse a vincolare l'uso del lettore ai soli eBook (e alla fine lo rendono poco appetibile) invece di farlo evolvere come tablet. Poi ci sono problemi tecnologici (lo schermo specializzato necessario per i libri), ma la tecnologia evolve e qualche esempio di schermo dual use sembra ci sia già.

Sperèm ...



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