Interessante pronuncia di un giudice statunitense in tema di licenze a strappo ed "esaurimento del diritto".
In sostanza si sostiene che una "licenza a strappo" ("shrink wrap license") può essere, ai fini dell'esaurimento del diritto ("first sale doctrine"), equiparabile a ad una vendita, cosicché il titolare può rivenderla anche se nella "licenza" fosse stabilito il divieto di rivenderla. Nel caso di specie le licenze venivano rivendute dai legittimi possessori su eBay.
In sostanza si sostiene che una "licenza a strappo" ("shrink wrap license") può essere, ai fini dell'esaurimento del diritto ("first sale doctrine"), equiparabile a ad una vendita, cosicché il titolare può rivenderla anche se nella "licenza" fosse stabilito il divieto di rivenderla. Nel caso di specie le licenze venivano rivendute dai legittimi possessori su eBay.
Nel ragionamento del giudice statunitense è stato in particolare preso in considerazione l'aspetto della definitività del trasferimento operato da talune "licenze a strappo" che finiscono così a realizzare un effetto del tutto simile a quello della vendita.
Questione già affermata anche da autorevole dottrina italiana, ma è interessante vederlo applicare da un organismo giurisdizionale.
Aggiornamento del 23 maggio 2008:
vorrei solo aggiungere che gli americani non giungono certo primi ad affermare questo principio, quanto meno relativamente al software e mi piace citare una pronuncia del Tribunale di Milano, 3 giugno 2002 (in AIDA, 2002, 838), secondo la quale la cessione di un esemplare di un software a tempo indeterminato ed a fronte del pagamento di un prezzo unitario non corrisponde ai requisiti della locazione previsti dal quindicesimo “considerando” della direttiva CE 91/250, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore, ma va qualificata come vendita, con conseguente operatività del principio dell’esaurimento, di cui all’art. 64 bis l.d.a., in base al quale la facoltà esclusiva dell’autore, o comunque del titolare dei diritti di sfruttamento economico del software, di trarre profitto dall’opera dell’ingegno, rimane circoscritta alla prima vendita degli esemplari della stessa, e quindi chi ha acquistato un esemplare dell’opera può disporre del bene, anche cedendolo a terzi.
5 commenti:
Premesso che non ci capisco niente di 'ste robe, una volta aveo comprato un penguin book che diceva che non potgevo rivenderlo, né donarlo, né affittarlo.
Per me, un libro è l'esempio eccelso di bene mobile.
Mi sa che i figli di albione ragionano in modo moooltro diverso.
etienne64
mah, "esaurimento del diritto" e "first sale doctrine" sono in linea di massima equivalenti.
Il problema è che un libro non è solo un bene mobile, ma anche una copia di un bene tutelato da proprietà intellettuale.
La normativa sulla P.I. consente al titolare dei diritti non solo di autorizzare (o vietare) le copie dell'opera tutelata, ma anche quello di autorizzarne o meno la distribuzione.
Senza il principio dell' "esaurimento del diritto" il titolare del diritto potrebbe autorizzare taluni soggetti a distribuire le copie della sua opera, ma vietare tale facoltà ad altri
Il principio dell'esaurimento dispone proprio che la prima vendita ("first sale") della copia "esaurisce" il diritto dell'autore a controllarne i successivi atti di disposizione.
bla... bla ... bla ..
(il diritto d'autore lo odio)
@etienne:
P.S.: la teoria dell'esaurimento del diritto è stata elaborata in periodi più liberali (e in particolare viene recepita dal legislatore fascista), ma in tempi più recenti, le "esigenze di tutela" (lobbies) hanno iniziato una sua lenta erosione e l'esaurimento non si applica, ad es:
- alle copie promozionali
- per il software, all'attività di noleggio (che non può essere posta in essere da chi è legittimo proprietario della copia)
- alle copie scaricate da internet (e qualcuno mi deve ancora spiegare la ragionevolezza di questa norma .... )
bah ...
'notte e piacere di rivederti sul mio blog
Leggendo la pronuncia da te menzionata, mi sembra di aver capito che l’acquirente di un pacchetto software abbia cercato di rivenderlo su eBay. Credo sia stato nelle regole, poiché, anche se non può possederne la proprietà intellettuale, è diventato proprietario di un bene acquistato legittimamente e, quindi, alienabile a tutti gli effetti. Le normative restrittive relative alla proprietà intellettuale sui software impongono soltanto di non modificarne l’ingegneria, o cambiarne la denominazione.
La pronuncia del tribunale di Milano è veramente interessante, poiché in questo caso si tratta di una vendita, diversa da una locazione (ehm…è nel sedicesimo considerando della direttiva CE 91/250 ;o), che è un noleggio o affitto.
Anch’io odio il diritto d’autore, perché penso che impedisca la libera circolazione del sapere e sia soltanto un ulteriore modo di fare “cassa”, a favore delle case editrici, che hanno colonizzato la cultura, decidendo anche quali opere importare da altri paesi.
Ti consiglio di leggere alcune pagine de “Gli scandali della traduzione”:
http://books.google.it/books?id=i
BgZ6O_bBisC&pg=PA5&vq=
diritto+d'autore&lr=lang_it&
source=gbs_search_s&cad=3&sig=
wtAHW-6RGlxs5PVOVoBB2306CD0
Scusami, ma ho dovuto suddividere l'indirizzo, altrimentiche non sarebbe entrato nel form, copia ed incolla, ma togli gli spazi.
>Credo sia stato nelle regole, poiché,
>anche se non può possederne la proprietà
> intellettuale, è diventato proprietario
> di un bene acquistato legittimamente
già, ma è questo il problema: le licenze sono scritte proprio per escludere la configurabilità della vendita (e mungere qualche altro soldo bloccando sul nascere qualunque "mercato sencondario")
l'intento di "aggirare" il principio dell'esaurimento è evidente (e talvolta candidamente dichiarato)
in Europa (cara vecchia europa) abbiamo norme "antielusive" (come il considerando 16, peraltro solo principio interpretativo, non espressamente recepito nell'ordinamento italiano)
è interessante che a tali principi si sia arrivati anche in USA dove il quadro normativo più frammentaria ;-)
ciao
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