Il processo era in corso da tempo, oggi la sentenza.
Condannati tre dirigenti di google per la pubblicazione (quasi quattro anni fa) del video che mostrava un alunno disabile crudelmente sbeffeggiato dai compagni sotto lo sguardo di un insegnate.
Comprensibilmente la sentenza sta facendo il giro del mondo e i commenti sono quanto meno perplessi (quando non del tutto fuori tono).
In questo fiume di bit è difficile trarre qualche indicazione seria, posto che la motivazione della sentenza è nota e il processo si svolto a porte chiuse (su richiesta degli avvocati di google).
Premetto che rimango perplesso sull'esito del giudizio, soprattutto in una prospettiva non giuridica e partendo dalla considerazione che è stata proprio l'enorme pubblicità data al filmato da google che ha consentito di scoprire il ripugnante comportamento dei compagni del disabile e di venire in suo aiuto.
Tuttavia l'aspetto giuridico è a mio avviso molto meno chiaro di quanto non si pensi.
Le norme non prevedono affatto un'esenzione assoluta di responsabilità per i soggetti che pubblicano contenuti altrui sui siti.
L'esenzione è relativa ai servizi di trasporto ('mere conduit'), chaching e hosting (art.14, 15 e 16 D.Lgs.70/03).
Siamo sicuri che l'attività di google video sia mera servizio di hosting? Ci voglio pensare: google non solo acquisisce dall'utilizzatore dei servizi "una licenza eterna, irrevocabile, mondiale, priva di royalty e non esclusiva a riprodurre, adattare, modificare, pubblicare, eseguire pubblicamente, visualizzare pubblicamente e distribuire " qualsiasi contenuto che venga caricato sui suoi server, ma promuove attivamente alcuni contenuti, sia pure con strumenti automatizzati (quali gli elenchi di video più visualizzato o i suggerimenti nelle ricerche).
Ma farsi cedere i diritti e promuovere la diffusione non sono le attività tipiche di un editore?
Come dicevo, ci voglio pensare.
Temo pero' che abbia colto nel segno Marco Scialdone quando afferma che "YouTube e i servizi similari siano degli ibridi che non rientrano pienamente in nessuna delle tre categorie di esenzione immaginate dal legislatore comunitario. Questa è la ragione per cui anche la giurisprudenza fa fatica ad inquadrarne le relative condotte".
Oltretutto nel campo del penale ci vorrebbe un elemento soggettivo (da dimostrare in concreto).
Tuttavia la motivazione la vorrei proprio leggere.
Che poi la soluzione (e la legge) mi soddisfi, è un altro conto.
Condannati tre dirigenti di google per la pubblicazione (quasi quattro anni fa) del video che mostrava un alunno disabile crudelmente sbeffeggiato dai compagni sotto lo sguardo di un insegnate.
Comprensibilmente la sentenza sta facendo il giro del mondo e i commenti sono quanto meno perplessi (quando non del tutto fuori tono).
In questo fiume di bit è difficile trarre qualche indicazione seria, posto che la motivazione della sentenza è nota e il processo si svolto a porte chiuse (su richiesta degli avvocati di google).
Premetto che rimango perplesso sull'esito del giudizio, soprattutto in una prospettiva non giuridica e partendo dalla considerazione che è stata proprio l'enorme pubblicità data al filmato da google che ha consentito di scoprire il ripugnante comportamento dei compagni del disabile e di venire in suo aiuto.
Tuttavia l'aspetto giuridico è a mio avviso molto meno chiaro di quanto non si pensi.
Le norme non prevedono affatto un'esenzione assoluta di responsabilità per i soggetti che pubblicano contenuti altrui sui siti.
L'esenzione è relativa ai servizi di trasporto ('mere conduit'), chaching e hosting (art.14, 15 e 16 D.Lgs.70/03).
Siamo sicuri che l'attività di google video sia mera servizio di hosting? Ci voglio pensare: google non solo acquisisce dall'utilizzatore dei servizi "una licenza eterna, irrevocabile, mondiale, priva di royalty e non esclusiva a riprodurre, adattare, modificare, pubblicare, eseguire pubblicamente, visualizzare pubblicamente e distribuire " qualsiasi contenuto che venga caricato sui suoi server, ma promuove attivamente alcuni contenuti, sia pure con strumenti automatizzati (quali gli elenchi di video più visualizzato o i suggerimenti nelle ricerche).
Ma farsi cedere i diritti e promuovere la diffusione non sono le attività tipiche di un editore?
Come dicevo, ci voglio pensare.
Temo pero' che abbia colto nel segno Marco Scialdone quando afferma che "YouTube e i servizi similari siano degli ibridi che non rientrano pienamente in nessuna delle tre categorie di esenzione immaginate dal legislatore comunitario. Questa è la ragione per cui anche la giurisprudenza fa fatica ad inquadrarne le relative condotte".
Tuttavia la motivazione la vorrei proprio leggere.
Che poi la soluzione (e la legge) mi soddisfi, è un altro conto.