domenica 26 settembre 2010

Provaci ancora, Sam ...

La notizia era girata, anche se senza tanta fanfara, qualche giorno fa e aveva appena sfiorato i grandi media nazionali (solo il Giornale mi risulta averla pubblicata).

Telecinco, azienda del Gruppo Mediaset , nel 2008 ha intentato causa a YouTube in Spagna per l'asserita violazione dei propri diritti di proprietà intellettuale a seguito della pubblicazione sulla piattaforma di YouTube (di proprietà di Google) di spezzoni dei propri programmi televisivi.

Più o meno in contemporanea Mediaset stessa aveva adito il tribunale di Roma, denunciando YouTube anche in Italia lamentando la diffusione abusiva ad opera di YouTube dei propri programmi (si trattava in particolare de "Il Grande Fratello") ottenendo un provvedimento che riconosceva la consapevolezza di YouTube della presenza dei contenuti illeciti (e conseguentemente la sua resposabilità) ordinandone la rimozione.

Di segno completamente opposto il tenore della sentenza madrilena, chiara e leggibile (a differenza della sentenza penale italiana sul caso google video ...), nonostante la differenza di lingua.

Nella ricostruzione del giudice spagnolo infatti, né si ravvisa un contenuto attivo di YouTube nel caricamento e diffusione dei contenuti né si può ravvisare una consapevolezza effettiva di YouTube circa i contenuti pubblicati.

Un primo punto interessante è in particolare, quello della esclusione di rilevanza delle operazioni di trattamento (e indicizzazione) automatica eseguite sulla base di input dell'utente. A conclusioni completamente opposte era giunta  la giurisprudenza italiana che (vedi caso The Pirate Bay) ha riconosciuto la rilevanza della mera indicizzazione per escludere l'esclusione di responsabilità che spetterebbe agli 'hosting providers').

E' stata esclusa espressamente ogni rilevanza - ai fini della qualifica di hosting provider e dell'esenzione relativa - anche ai link pubblicitari.
A questo punto, YouTube come si può considerare alla luce della direttiva europea sullo statuto degli Internet Service Providers?

Due tribunali dell'Unione Europea hanno considerato una questione molto simile in maniera opposta.

Resto della mia opinione che intermediari com YouTube sono piuttosto diversi dagli hosting providers, ma in punto di rilevanza delle operazioni tecnica di caricamento e indicizzazione, mi sembra che la pronuncia spagnola  - anche perché successiva - sia forse più coerente con l'impostazione seguita dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 23 marzo 2010 nel caso - solo per alcuni versi simile, peraltro - del servizio AdWords.

2 commenti:

bruno saetta ha detto...

In effetti YT è un content provider, che non è proprio un host provider, ma ha qualcosa in più. La giurisprudenza italiana è oscillante su questa figura, talvolta arrivando e ritenere il content provider responsabile per attività compiute sui contenuti (realizzazione di classifiche, i video più visti...) oppure per caratteristiche dell'attività (perchè ci guadagna), mentre mi pare che la giurispudenza di altri paesi sia più orientata a non distinguere tra provider puri e content provider.
Il punto, come da te rilevato, è che si dovrebbe analizzare l'attività compiuta dal content provider sui contenuti immessi dagli utenti, al fine di verificare se è davvero una attività "neutrale". Cioè se la classifica dei video più visti è realizzata su un semplice calcolo statistico senza ingerenza di un intervento umano per spingere un video piuttosto che un altro, mi pare difficile poter sostenere che il provider non ponga in essere una attività neutrale sui contenuti, per cui non potrà essergli addossata una responsabilità editoriale.
In realtà di ciò si è discusso a lungo a livello europeo, in relazione al "pacchetto telecom", ritenendo che l'attività di un provider non deve essere necessariamente passiva, ma può essere anche attiva (ad esempio la gerarchizzazione dei contenuti realizzata da tantissimi access provider anche in Italia, dando più banda ai video che, ad esempio, al voip o al p2p), purchè sia automatizzata. Per cui sussisterebbe lo status di intermediario della comunicazione ogni qualvolta esso si limiti a fornire all’utente la piattaforma tecnologica che l’utente usa in libertà e il contributo del provider sia eminentemente tecnico ed automatizzato. Un contributo di questo genere, ovviamente, implica la non consapevolezza dell'eventuale illiceità dei contenuti.

herr doktor ha detto...

mah ... se fosse un "content provider" ossia il fornitore dei contenuti, difficilmente potrebbe sfuggire alla responsabilità ....
Semma youtube è un "broadcaster" ossia chi "mette in onda" i contenuti generati dagli altri.
Rispetto ad altri broadcaster (a esempio in campo televisivo, come Sky) non svolge (o almeno non risulta che svolga) attività "editoriale" ossia di modifica, selezione e promozione dei contenuti se non con strumenti "autoatizzati".
Certo che i suoi strumenti automatizzati non sono del tutto neutri in quanto le logiche che - ad es. - escludono i porno, sono preimpostate a priori (e anche con l'obiettivo di massimizzare le 'trasmissioni'). Essendo elementi priprietari di youtube, non è dato sapere compiutamente quali sono gli elementi che filtrano e - soprattutto - quelli che promuovono ...
Certo si tratterebbe di trattamento automatizzato (per cui non vi sarebbe nesso psicologico con la singola tramissioni e il singolo contenuti) ma un'attività editoriale è indubbio che vi sia.
Poi c'è un altro aspetto che distingue youtube (e simili) dagli altri broadcaster: i terms of use assegnano al broacaster tutti i diritti di sfruttamento economico (ossia la proprietà intellettuale) dei contenuti immessi sulla piattaforma (l'utente che li ha generati rimarrebbe titolare di un semplice diritto di licenza ...).
Certo - soprattutto in ottica penale - molto ci manca in termini di coefficente psicologico per configurare un reato (anche colposo, ove la fattispecie preveda l'ipotesi relativa), ma la neutralità del provider mi mebra dubbia e l'assenza di regole non soddisfacente ...

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