"Come emerge in particolare dal trentasettesimo ‘considerando’ della direttiva [95/46/CE - n.d.r.], l’art. 9 di quest’ultima persegue la finalità di conciliare due diritti fondamentali, vale a dire, da un lato, la tutela della vita privata e, dall’altro, la libertà di espressione. Tale compito incombe agli Stati membri.... Nella prospettiva di conciliare questi due «diritti fondamentali» ai sensi della direttiva, gli Stati membri sono chiamati a prevedere determinate deroghe o limitazioni alla tutela dei dati, e quindi del diritto alla vita privata, previste nei capi II, IV e VI di detta direttiva. Ề consentito procedere a tali deroghe esclusivamente a scopi giornalistici o di espressione artistica o letteraria, rientranti nel diritto fondamentale della libertà d’espressione, soltanto nei limiti in cui esse risultino necessarie per conciliare il diritto alla vita privata con le norme che disciplinano la libertà d’espressione.... Onde tener conto dell’importanza riconosciuta alla libertà d’espressione in ogni società democratica, da un lato occorre interpretare in senso ampio le nozioni ad essa correlate, tra cui quella di giornalismo. Dall’altro, e per ottenere un equilibrato contemperamento dei due diritti fondamentali, la tutela del diritto fondamentale alla vita privata richiede che le deroghe e le limitazioni alla tutela dei dati previste ai summenzionati capi della direttiva debbano operare entro i limiti dello stretto necessario..... come emerge dai lavori preparatori della direttiva, le esenzioni e le deroghe di cui all’art. 9 della direttiva si applicano non solo alle imprese operanti nel settore dei media ma anche a chiunque svolga attività giornalistica".L'interessante è, oltre al principio in se, è il fatto che la sentenza è stata resa con riferimento al caso di una società (finandese) che vendeva - letteralmente - i dati delle dichiarazioni dei redditi di quel paese.
Non voglio rivangare le polemiche sulla decisione di Visco - comunque politicamente inopportuna, dato il periodo post elettorale - ma evidenziare come la materia della tutela dei dati vada approcciata - specie dove suscettibile di limitare la libertà di esprimersi (e di conoscere) dei cittadini - in materia meno 'emotiva' di quanto si faccia in Italia, dove la "privacy" (comunque la si voglia pronunciare: "pràivasi" all'americana o "prìvasi" all'inglese) è vissuta sempre come un'assoluto e il "bilanciamento degli interessi" è stato posto sotto chiave, gelosamente custodito dall'Autorità.
In ogni caso la "libertà di stampa" non è un sinonimo di "libertà della stampa", ma va riconosciuta a ogni cittadino e a tutti gli strumenti di espressione.
Poi la smetto ... è tardi e, come disse Rossella, domani è un altro giorno.