Interessante e approfondito studio di Assonime sul caso Akzo ("Legal privilege e diritto antitrust: la giurisprudenza CEE da AM&S ad Akzo" di Ginevra Bruzzone), consultabile a questo link.
Nel settembre 2007 il Tribunale di primo grado dell'UE, pronunciandosi sul "caso Akzo" (un procedimento antotrust avanti alla Commissione Europea), si è espresso nel senso dell'inapplicabilità del legal professional privilege (segreto professionale) agli avvocati che siano dipendenti da un'impresa. Confermando l'atteggiamento restrittivo già adottato con il caso AM&S, ha negato la protezione delle comunicazioni degli avvocati che siano in rapporto di lavoro dipendente con un'impresa anche quando, sulla base della prapria legislazione nazionale, gli avvocati-dipendenti, iscritti agli albi e soggetti alla deontologia professionale, beneficino del segreto professionale (oltre ad avere il patrocinio). Il punto centrale della motiviazione è rappresentato dal fatto che all'avvocato dipendente, ancorchè abilitato all'esecizio della professione legale sulla base del rispettivo ordinamento nazionale, mancherebbe - appunto - il requisito dell'indipendenza.
La questione ha, finora, destato limitatissimo in Italia, dove l'avvocato che sia legato da un rapporto di lavoro dipendente con un impresa (diversamente da quanto avviene nell'ambito del rapporto di impiego pubblico) perde il diritto al patrocinio (e l'iscrizione all'albo degli avvocati) e il diritto ad un segreto professionale opponibile all'autorità.
Maggiore dibattito si è avuto, invece, nei paesi dove la professione di avvocato non è incompatibile con il rapporto di lavoro dipendente (nel Regno Unito, ma anche negli Stati Uniti, i cui avvocati si trovano sempre più spesso ad avere a che fare con la Commissione Europea ....).
Interessante e approfondita la ricostruzione di Assonime che, partendo dal fondamento del "legal privilege" (che è l'esigenza di facilitare e rendere più pronto il ricorso alla consulenza specialistica di un avvocato in materie critiche come le normative sanzionate da norme pubblicistiche) evidenzia il carattere non soddisfacente della soluzione e la mancanza di una definizione in positivo del requisito dell'indipendenza dell'avvocato.
La questione ha, finora, destato limitatissimo in Italia, dove l'avvocato che sia legato da un rapporto di lavoro dipendente con un impresa (diversamente da quanto avviene nell'ambito del rapporto di impiego pubblico) perde il diritto al patrocinio (e l'iscrizione all'albo degli avvocati) e il diritto ad un segreto professionale opponibile all'autorità.
Maggiore dibattito si è avuto, invece, nei paesi dove la professione di avvocato non è incompatibile con il rapporto di lavoro dipendente (nel Regno Unito, ma anche negli Stati Uniti, i cui avvocati si trovano sempre più spesso ad avere a che fare con la Commissione Europea ....).
Interessante e approfondita la ricostruzione di Assonime che, partendo dal fondamento del "legal privilege" (che è l'esigenza di facilitare e rendere più pronto il ricorso alla consulenza specialistica di un avvocato in materie critiche come le normative sanzionate da norme pubblicistiche) evidenzia il carattere non soddisfacente della soluzione e la mancanza di una definizione in positivo del requisito dell'indipendenza dell'avvocato.
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