E' in inglese (ma con sottotitoli in italiano) e un po' lungo (17 minuti), ma è comunque un'esposizione ironica e molto chiara delle recenti tendenze in materia di "protezione" della proprietà intellettuale.
Proprio poche settimane fa, il commissario europeo McCrevy ha annunciato con gran fanfara che è sua ferma intenzione aumentare i diritti di interpreti ed esecutori da 50 a 95 anni.
Il commissario si affretta a spiegare che questa tutela servirebbe a riequilibrare maggiormente la situazione tra gli autori, ai quali è riservata la facoltà di trarre profitto dalla propria opera per tutta la vita, oltre a un congruo periodo (70 anni) dopo la morte, e gli interpreti ed esecutori – parimenti elementi essenziali per la realizzazione di un'opera – che godrebbero dell'opera per solo 50 anni dall'interpretazione. Posto che molti interpreti/esecutori eseguono le loro prestazioni molto giovani (20/30 anni), un tutela di soli 50 anni rischierebbe di non durare per tutta la loro vita e di privarli, sotto il profilo economico, del conseguente vitalizio.
La notizia è stata riportata come un' estensione del “copyright” (diritto d'autore), ma non è esatto. Si tratterebbe, infatti, di un'estensione dei cd. “diritti connessi”, riconosciuti a soggetti (come ad es. interpreti ed esecutori) ai quali i diritti d'autore non spetterebbero, in quanto la loro attività non dà vita ad un'opera nuova, ma “si limita” all'esecuzione di un'opera preesistente.
Nulla di male a tutelare anche gli esecutori, anzi, ma fatico a capire dove debba essere detto che la tutela debba durare (almeno) come la loro vita. In un periodo storico nel quale è sempre più evidente la crisi delle “certezze economiche” del passato (del secolo scorso, dovrei dire) e nemmeno il mitico “posto in banca” o l'impiego statale hanno più i connotati della sicurezza assoluta, ci si preoccupa del benessere dei "poveri" autori?
Scusate il cinismo, ma la notizia ... "puzza". E, infatti, già scorrendo il comunicato stampa vediamo che: "For session musicians, the record companies will set up a fund – a substantial fund reserving at least 20% of the income during the extended term to them. For featured artists, original advances may no longer be set off against royalties in the extended term. That means the artist would get all the royalties during the extended term."
Traducendo sommariamente si ricava che, mentre per i semplici musicisti le case discografiche dovrebbero mettere a disposizione almeno il 20% delle royalties riscosse (il che fa pensare che ora possa non essere così), per gli interpreti (principali) dovrebbe essere vietato alle case discografiche incamerarne i diritti a fronte di "anticipazioni" già fatte.
E già, perchè i "dritti connessi" a differenza dei diritti d'autore, sono riscossi direttamente da ciascuna casa discografica, che poi li ridistribuisce agli aventi diritto per quanto riguarda la "pubblica esecuzione" dell'incisione, fermo restando che - se ben ricordo - il diritto di autorizzare la riproduzione del "fonogramma" (ossia dell'incisione) spetta direttamente ed esclusivamente alla casa discografica (come pure i relativi compensi).
E così si finirebbe, di fatto, ad estendere il "signoraggio" delle case editrici nei confronti di opere già, per così dire, già piuttosto stagionate, senza che la motivazione "pensionistica" convinca più di tanto (tra l'altro con l'estesione a 95 sarebbero coperti anche i figli e i nipoti dei "poveri" interpreti ...).
4 commenti:
che sia spam quello sopra? ma ha un significato o no?
non ho capito che significhi.
Ho dovuto inserire, almeno temporaneamente, la moderazione dei commenti e per questo "mi girano" ...
ciao
Credo fermamente che il diritto d’autore sia stato istituito soltanto per creare una nuova fonte di introiti per coloro i quali hanno “fiutato l’affare”…
La SIAE ha imposto persino un “equo compenso” sui CD o DVD vergini che potrebbero essere usati, secondo l’autorevole Società degli autori ed editori, non soltanto per archiviare dati, ma per incidere anche brani protetti da copyright; inoltre la SIAE richiede ai propri iscritti una tassa annuale che si aggira sugli 80,45 euro annui per quegli autori e compositori (sezione musica), che abbiano depositato le proprie opere per salvaguardarle da plagi. Il diritto d’autore ed il deposito delle opere non tutelano, però, il diretto interessato nei riguardi delle “scopiazzature”, poiché, nel caso del settore musica, all’atto di una furbesca trascrizione o esecuzione, basta che sia stata cambiata soltanto una nota musicale per vedere inficiato detto diritto.
I proventi (parola grossa), dai quali viene detratta la “tassa di iscrizione”, sono esigui e risibili per la maggior parte degli iscritti alla prestigiosa Società.
Sono state imposte gabelle anche sugli spettacoli “dal vivo” con musiche risalenti al Medioevo o al Rinascimento (quindi con diritto d’autore che non ha ragion d’essere), con la motivazione dell’accorpamento dei summenzionati sotto l’unica categoria “spettacoli” (tra cui sono compresi anche quelli eseguiti per beneficenza), o sotto la serie “trascrizioni” ad opera di luminari della musicologia, rientranti nelle tassazioni della suddetta Associazione.
E’ in corso anche una diatriba per il “diritto di traduzione”, che impedisce la pubblicazione di centinaia di opere, bloccate dagli editori, perché giudicate “improduttive”.
Mi fermo qui, perché sarebbe troppo complicato spiegare in poco spazio la mia ostilità nei riguardi del cosiddetto diritto d’autore. E’ mia convinzione che le opere debbano circolare liberamente, perché il “sapere” appartiene a tutti.
>La SIAE ha imposto persino
>un “equo compenso” sui CD o DVD vergini
>che potrebbero essere usati, secondo
>l’autorevole Società degli autori ed
>editori, non soltanto per archiviare
>dati, ma per incidere anche brani
>protetti da copyright
bah, l'equo compenso ha, per lo meno, la contropartita della "copia privata". Certo che pagare i diritti alla SIAE per incidere un cr rom con le foto dei (propri) bambini da portare al fotografo ....
non sono contrario in assoluto al diritto d'autore, ma alla sua estensione come diritto "assoluto" e tendenzialmente eterno (oltre che al proliferare di "diritti connessi") che consente di fatto una vera "manomorta" alle società editrici
Altro che tutela della creatività ... è un vero monopolio legale a favore delle società editrici, case discografiche, dal quale - poi - salvo pochissime eccezioni, gli autori non guadagnano nulla.
Di fatto la stessa congerie di istituti, la frammentarietà e arbitraria complicazione del diritto d'autore, che ha ormai da molto abbandonato le sue radici per diventare la palestra di fortissime lobby, sta diventando un evidente ostacolo per chiunque voglia cimentarsi nel settore della distribuzione, e quindi alla diffusione, di opere protette, che dovrebbe essere l'interesse primario dell'autore.
Il paragone con le gabelle medioevali non è affatto fuori luogo.
'notte
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